Resilienza nazionale italiana? Proprio no
Negli ultimi giorni tutti hanno parlato della débâcle della Nazionale Italiana di Calcio che non parteciperà al Campionato del Mondo in Russia nel 2018 essendo stata eliminata nella doppia sfida con la Svezia. E dal momento che ne hanno parlato tutti mi permetto anch’io di fare una riflessione, come coach e come sportivo.
Uno dei valori in cui credo maggiormente e che trasmetto ai miei allievi è la resilienza e cioè la capacità di un metallo di resistere alle forze impulsive che gli vengono associate. Trasferito nell’essere umano, la resilienza è la capacità di resistere alle avversità della vita. Tornando alla Nazionale, e allargando il discorso più in generale a tutte le persone che praticano sport, ogni gara e ogni impresa deve essere affrontata come una grande sfida verso se stessi e verso l’universo. Germania, Spagna, Belgio, Francia e Inghilterra, per parlare solo delle squadre europee, hanno tutte vinto i loro gironi. Nella Maratona, la mia specialità, si sputa sangue dal primo centimetro al 42esimo chilometro senza se e senza ma.
In queste ore ciò che mi ha dato più fastidio sono gli alibi e lo scarico di responsabilità da parte degli addetti ai lavori. La sconfitta non è relativa all’impegno messo nell’ultima partita, ma è frutto di atteggiamenti durante tutto il girone eliminatorio. La cosa che mi fa e ci fa sentire più sereni è la prospettiva che stavolta, avendo toccato il fondo in un’infima figura internazionale, tutti ma proprio tutti gli addetti ai lavori comincino a organizzare un progetto efficace a 360 gradi con obiettivi chiari a partire dalle scuole e dai campetti di periferia dove una volta crescevano i campioni veri.